Velenoso

fan fiction su Vampire Knight

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  1. Tohru Honda
     
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    E questa è la seconda fan fiction su Vampire Knight che ho scritto. Mi hanno consigliato di precisare il suo rating R, per via di alcuni riferimenti alla sfera sessuale (che io non considererei particolarmente azzardati, ma nel dubbio...), in essa presenti.
    Al solito, vi lascio il link apposito, nel caso vi andasse di lasciarmi un commento (anche negativo, ovviamente): http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=117467&i=1






    Sollevò le palpebre, lentamente.

    Il timore inconscio, forse, di venire accecata dalla luce del mattino; la stessa che non mancava di avvolgere le figure delle coppie innamorati, al loro risveglio, nei film romantici sui quali, alle volte, vincendo la ritrosia di uno Zero non propriamente amante del genere, era riuscita a tenere orientato il televisore, quando la serata non era in grado di offrire nulla di meglio a due poveri spettatori occasionali.

    Rimase sorpresa, quando ciò non accadde.

    Quando, al richiamo del suo sguardo, risposero solo le ombre più fitte, imperscrutabili. Quelle che, complici i ricordi ancora confusi, le impedivano di capire dove si trovasse, da dove provenisse l’unico, timido raggio di sole capace a malapena di incorniciarle.

    A chi appartenesse il respiro che avvertiva infrangersi dolcemente sulla sua spalla sinistra, ad intervalli che le suonavano tragicamente lunghi.



    Dolce



    Ciò che percepiva, mentre i suoi occhi cominciavano timidamente ad abituarsi all’oscurità.

    Un tendaggio scuro e pesante, quello che impediva alla luce di fare il proprio ingresso nell’ampia, silenziosa stanza di cui Yuuki stava cercando di delineare più precisamente i confini.

    Un lungo mobile (un armadio?) di legno massiccio, così le sembrava, che troneggiava sulla parete opposta alle vetrate, l’unico, imponente vezzo presente nella camera sobriamente arredata.

    Un piccolo tavolino rotondo, con sopra un candelabro ricaduto su stesso.

    Questo lo ricordava, non lo vedeva.

    Lo ricordava, di aver sussultato nell’accorgersi della presenza di Kaname, sulla porta, intento ad osservarla con uno sguardo più imperscrutabile del solito.

    Lo ricordava, il rumore dell’argento che si scontrava con il legno, rumore distratto che i suoi pensieri le avevano annunciato solo in un secondo momento.

    Un rumore per cui si sarebbe scusata, se solo la sua attenzione non fosse stata catturata dalla mano di Kaname che girava la chiave nella serratura, uno scatto netto che le fece gelare il sangue nelle vene.



    Inutile urlare



    Sarebbe stato inutile, ma non aveva intenzione di farlo. Non credeva di averne ragione.

    Non capiva perché un pensiero simile le avesse attraversato la mente.



    Impossibile fuggire



    Non capiva perché l’idea di quella porta sbarrata le trasmettesse tanta ansia.

    Perché lui l’avesse chiusa.

    Perché avesse riposto la chiave nella tasca dei pantaloni bianchi che indossava.

    Perché non dicesse una parola.



    Nulla di male



    Non voleva fare nulla di male.

    Solo vederlo. Solo scambiare due parole con lui.

    Non stava frugando fra la sua roba, non stava mettendo il naso in affari che non la riguardavano.

    Forse.

    Sperava che anche lui la pensasse così.

    Che le credesse, che Ruka non lo avesse reso partecipe delle velenose insinuazioni che le aveva rivolto, nel vederla salire le scale che l’avrebbero condotta nelle stanze di Kaname.

    Ancora adesso, mentre chiudeva e riapriva gli occhi con imperterrita ostinazione, nel tentativo di mettere a fuoco l’ambiente circostante, le risuonavano nelle orecchie.



    L'innocentina



    Sperava, davvero, lo sperava.

    Che non ci avesse creduto anche lui.

    Che il trovarglisi accanto, in quel momento, le sue braccia che le circondavano saldamente la vita, il suo bel volto nascosto fra i capelli di lei, non fosse indice di colpevolezza.

    Gli dava le spalle. Non poteva vederlo.

    Non poteva, ma era a lui che apparteneva quel caldo, melodico respiro.

    Quella presa, tanto delicata quanto stretta.

    Quel sapore, capricciosamente addormentatosi sulle sue labbra.

    Quel profumo adulto, capace, la sera prima, di mettere a tacere ogni suo interrogativo.

    Lui.

    Lui, senza alcun dubbio.



    Sfacciata



    Lo era stata?

    Entrando nella sua stanza senza permesso, rimanendo lì ad attenderlo.

    Avvicinandosi a quella scacchiera, sfiorandone con le dita i pezzi in avorio.

    … sfacciata?

    Quanto lui, quando, dopo averle preso una mano fra le sue e baciatone languidamente il palmo, ne aveva zittito le deboli proteste con un secondo bacio, non meno malizioso del primo, dolcemente dispettoso?

    Quanto lui, tanto sciocco da credere che fosse necessario chiudere a chiave la porta a chiave, per impedirle di scappare?

    Tanto sciocco da credere che, se anche il suo sguardo sibillino avesse potuto ispirarle quell’intenzione, non sarebbe stato sufficiente un suo bacio, una parola, per far si che essa svanisse come neve al sole?

    Ingenuo.

    Ingenuo, a tal punto, il principino che riposava al suo fianco.



    Voleva guardarlo.

    Avrebbe voluto, se solo non avesse temuto che un suo movimento improvviso avesse potuto svegliarlo.

    Ed era così bello, sentirlo dormire.

    Totalmente abbandonato su di lei, indifeso come un bambino.

    Il bambino che le aveva riservato un numero infinito di carezze, insegnato un gioco proibito.



    Sporca



    Si chiese se fosse così, che avrebbe dovuto sentirsi.

    Se avesse fatto meglio ad ascoltare i richiami della mamma, non andare a giocare con quel ragazzino cattivo.

    Se fosse giusto attribuire tutta la colpa al fascino di lui, piuttosto che alla propria decisione di cedervi.

    Se fosse giusto.

    Non lo era nulla.

    Nulla, non un suono, un’immagine.

    Un frammento delle confuse sfumature di grigio che ancora le impedivano di mettere a fuoco i ricordi della notte appena trascorsa.

    Colori opachi. Sensazioni.

    Sbagliate anch’esse, risvegliate da quel tocco familiare.

    Quello con cui lui aveva appena cominciato a sfiorarle il collo di baci, un mare di dolcezza da cui era stata abbracciata inaspettatamente, senza che lui le annunciasse il proprio risveglio, anche con una sola parola.

    Sempre ammesso che si fosse risvegliato davvero.

    Che non avesse trascorso la notte ad osservarla dormire, in attesa che il sole sorgesse.

    Tremava appena. Lei.

    Lei, che quei baci avevano aiutato a far luce su una delle schegge taglienti occultate dalla sua memoria.

    Un momento, un momento soltanto.

    Un momento, quando lui l’aveva sollevata da terra, senza permettere al gioco delle loro labbra di spezzarsi, per poi distenderla delicatamente sul letto, distante solo pochi passi.

    Quando la sua bocca, allontanatasi con rimpianto da quella di lei, era scesa lentamente verso il suo collo, avvolgendolo con baci più profondi, voluttuosi.

    Quando cominciò a sentire le mani di lui scorrerle lungo le gambe, accarezzandole sempre meno timidamente.

    Un’esitazione. Esitazione resa invisibile dall’oscurità che regnava nella stanza, ma che sarebbe stato impossibile non percepire.

    Un infantile imbarazzo che la spinse incautamente a stringere il ragazzo a sè, quasi cercasse in lui un rifugio che la proteggesse dalla troppa intensità delle sensazioni che egli stesso, così irriguardosamente, le trasmetteva.

    Una stretta a cui lui fu veloce a rispondere con il più caldo degli abbracci.

    La più dolce rassicurazione.

    L’unica che Yuuki stesse cercando.

    Che le dicesse che andava tutto bene.

    Che non c’era nulla di cui preoccuparsi, che non sarebbe accaduto nulla di male.



    Che non l’avrebbe morsa.



    Perché ci aveva pensato.

    Ci aveva pensato, al Kaname insanguinato che l’aveva spaventata tanto.

    Al fatto che anche lui fosse un vampiro.

    A cosa fanno i vampiri.

    Per un istante, un istante.



    Un istante, prima di sprofondare nel suo petto, un abbraccio che non lasciava vie d’uscita.

    Neanche se l’avesse voluto.

    Neanche se quella porta fosse stata aperta.

    Non lo voleva.

    … e nemmeno lui.

    Un abbraccio troppo vellutato, per essere respinto.

    Occhi dal taglio troppo elegante, felino, perché lei potesse distogliere lo sguardo da essi. Resistere alla loro ipnosi.

    A quella che le suggerì di smettere di tremare, di abbandonarsi alla presa di quella braccia.

    Di guardarlo, guardarlo sempre, guardarlo ancora, quel volto perfetto che le chiedeva solo di restare lì, con lui.

    Avrebbe dovuto rifiutare?

    Smettere di fingere di aver confuso quell’ordine gentile per una domanda?

    Non l’avrebbe fatto, no.

    Non era necessario.

    Lo sapeva bene, lo sapevano bene entrambi.

    Ma era una recita piacevole.



    Piacevole, come il passargli una mano dietro la nuca, invitandolo silenziosamente ad avvicinarlesi di più.

    Se lo chiese, nel rispondere ai sempre più morbidi baci di lui, che ormai la sovrastava, cosa fosse cambiato, adesso, rispetto alla sera passata.

    Come mai il suo imbarazzo, seppur ancora vivido, le permettesse di accettare e rispondere alle carezze di lui tanto spontaneamente, senza cedere alle proteste della bambina che era stata fino al giorno prima, alla quale quanto accaduto suonava del tutto inconcepibile.

    Impossibile, che Kaname… Kaname, la stesse baciando.

    Impossibile che lei non riuscisse a fare a meno di quelle labbra, dolci come il miele.

    Impossibile che proseguisse, e proseguisse ancora, quell’intreccio di sospiri.

    Che in essi si fosse tradotta la sua decisione di andare a trovarlo, il pomeriggio precedente, l’ingenuità con la quale aveva ignorato quanto di vero ci fosse nelle parole di Ruka, troppo dure perché riuscisse ad accettarle.

    Che il ragazzo con il quale aveva condiviso quel rapporto tanto intimo fosse lo stesso al quale, mesi prima, aveva avuto paura di non riuscire a consegnare il cioccolato.

    Che fosse accaduto davvero. Qualcosa di tanto dolce.

    E ancora non ci credeva.

    Né lei, né la se stessa del giorno addietro.

    Nessuna delle due, l’incredulità e la sorpresa troppo intense.

    Troppo sedotte da quelle mani, quella bocca.

    Dal buio, che ancora le impediva di guardare gli splendidi occhi di lui.

    Occhi che non avevano più bisogno di renderla prigioniera del loro incantesimo, in quanto si era legata ad esso spontaneamente.

    Era per questo, che si rifiutavano di mostrarsi ancora?

    - Kaname-sa… -

    La mano di questi sulle labbra, che la zittì.

    Non ne capì subito la ragione.

    Non la capì, finchè i propri occhi non furono in grado di mettere a fuoco quelli del vampiro, uno sguardo d’infastidita malinconia.

    La comprese, ma non la condivise.

    Perché non le era mai sembrato tanto bello, mai come in quel momento.

    Non le era mai sembrato tanto giusto accompagnarne il nome con un onorifico del genere, il nome dello splendido principe che l’aveva risvegliata con un bacio.

    Un bacio inatteso, insidioso.

    Non solo il cavaliere giunto a salvarla, ma anche la strega che non aveva esitato ad avvelenarla.

    Veleno, veleno… il nettare più buono.

    -… cosa?- chiese lui, in un sussurro, sollevando lentamente la mano dalla bocca di lei, per consentirle di rispondergli.

    -Kaname…- fece Yuuki, in quello che le suonava quasi come un insulto -… c’è… troppo buio. - concluse, semplicemente.

    Lui rimase in silenzio, per un attimo, senza che la ragazza riuscisse a capire se a causa dell’incertezza o della sorpresa.

    Optò per quest’ultima, quando lo sentì ridacchiare teneramente, in tono sommesso.

    Un sorriso.

    Le scaldò il cuore, davvero.

    Cuore che, stando a quanto riportato dalla tradizione riguardante la cerchia di creature di cui Kaname faceva parte, avrebbe dovuto essere solo lei a possedere, fra i due.

    Solo lei.

    Eppure, non credeva che quello di lui avesse battuto meno del proprio, durante la notte appena trascorsa.

    Glielo scaldò.

    Perfino più di quanto fece il bacio che il ragazzo le scoccò sulla fronte, subito dopo, prima di sollevarsi ed alzarsi dal letto, diretto verso la finestra più vicina.

    Yuuki ne approfittò per issarsi a sedere, non prima di essersi pentita per aver formulato quella richiesta. Richiesta che aveva finito per allontanarla da lui, il calore disperso nell’aria.

    Luce prepotente ed invidiosa.

    Anzi, gelosa.

    Gelosa, una ragazzina viziata che non riusciva a tollerare l’idea che il proprio amato appartenesse ad un’altra.

    Che le fosse impedito di trascorrere la sera con lui. Sera dominata dalla luna, inaccessibile ai raggi del sole.

    Raggi che, adesso, ne carezzavano dolcemente la figura, quasi volendo recuperare in tal modo il tempo perduto, compensare l’impossibilità di passare la notte al suo fianco.

    Al fianco dell’uomo più bello che Yuuki avesse mai visto. Sul serio.

    E la luce sembrava darle ragione.

    Sembrava assecondarla, nell’ammirare quell’immagine perfetta.

    Bella, incredibilmente.

    Non ci aveva mai fatto caso, prima d’allora, non in quel modo.

    Un batticuore inconsapevole.

    Batticuore che, anche in un momento simile, avrebbe preferito tenere per sé.

    - Sei… davvero bello. - le sfuggì detto, al contrario, in un’affascinata constatazione che, se ne rese perfettamente conto, non avrebbe potuto che suonare terribilmente ingenua.

    Lui la guardò, interdetto.

    -Beh…- cercò di riparare lei, aggrovigliata al lenzuolo di cui stava torturando nervosamente gli angoli -… è che…-

    E’ che si sentiva una stupida.

    Una stupida, nei suoi insensati imbarazzi, di fronte all’atteggiamento rilassato e naturale di lui.

    Come se fosse stata solo lei a sorprendersi per quanto accaduto.

    Come se solo lei non se lo fosse aspettata.

    Come se solo lei non avesse atteso a lungo che ciò avvenisse.

    Fu il sorriso, un altro ancora, di Kaname, a distoglierla da quei pensieri.

    A spingerla a concentrarsi, nuovamente, solo su quel volto.

    -Dici che è per questo, Yuuki…- cominciò lui, avvicinandosi nuovamente al letto -… che non hai cercato di uscire da quella porta?- chiese, sedendosi accanto a lei, ad una distanza quasi impercettibile.

    Yuuki ricambiò lo sguardo di lui, il più fermamente possibile.

    -Lo sai, che non me ne sarei mai andata. - replicò, a bassa voce, timorosa di ammettere una tale debolezza. Inaccettabile debolezza.



    Non giocare



    Che non giocasse.

    Che non giocasse, con lei, quel gatto astuto.

    Quel gatto a cui piaceva farla sentire libera, nella gabbia di vetro che le aveva costruito intorno.

    - E’ vero. - assentì lui, calmo, senza smettere di guardarla intensamente negli occhi – Perdonami. -

    Perdonarlo, per cosa?

    Per quella porta chiusa?

    Per averla spinta a scegliere esattamente ciò che lui voleva scegliesse?

    Per aver finto che non fosse così?

    Perdonarlo.

    Allungò una mano verso il viso di lui. Un percorso breve.

    Gli sfiorò gli occhi, socchiudendoglieli appena.

    Il naso, le labbra.

    Le labbra, fra le quali le sua dita vennero catturate, una presa fin troppo calda e sensuale.

    Così marcato, il contrasto con lei, bambina, che aveva scorto dei canini affilati in quella splendida bocca che non avrebbe mai immaginato di poter baciare. Non sapeva nemmeno cosa volesse dire.

    Che non avrebbe mai immaginato potesse giocare in quel modo con le sue dita, quel modo così pericolosamente seducente.

    Tanto, tanto.

    Un gioco che, abbandonata la sua mano, tornò a ripetersi su entrambi i lobi, ancora offesi dal violento capriccio di cui erano stati vittime poche ore prima, graffiati dagli orecchini che lui le aveva tolto bruscamente.

    Due cerchi blu.

    Due cerchi blu, regalateli da Zero, il più inaspettato dei doni.

    Un paio di gocce di sangue.

    Sangue che lui non aveva esitato a baciarle via.

    -… perdonami. - ripetè, ancora, allontanandosi da lei quel tanto che bastava per rispondere al suo sguardo incerto.

    Perdonarlo.

    Yuuki annuì, lentamente.

    Non aveva altra scelta.

    Ma aveva lui, e ritenne che fosse tutto ciò di cui avesse bisogno.
     
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    ma è bellissimaaa *______*
     
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  3. YukiIce89
     
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    Concordooooooooooo!!!!!
    Mi hai lasciato senza fiato! Sei bravissima a creare l'atmosfera di attesa, di suspense e di tensione! E, soprattutto, di un'impercettibile, ma non per questo meno affascinante, sensualità! Complimenti! Complimenti davvero!^^
    Hai trovato una fan! XD
     
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    Oh mio dio sono senza parole a dir poco..mi è piaciuta tantissimi,in meno di cinque minuti l'ho letta tutta...
    Mi aspetto un seguito...
    Mamma mia..ecco percè amiamo Kaname così tanto ver Ruka ^^
     
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  5. §alexiel§
     
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    è davvero bellissimo...mi ha lasciato senza fiato ^^
     
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4 replies since 18/2/2007, 00:04   192 views
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